Pensieri sulla soppressione del CFS
Durante i 193 anni della sua storia il Corpo Forestale dello Stato ha subito più volte modifiche al proprio ordinamento.
Si è trattato di successivi adeguamenti alle mutate condizioni politiche e sociali del Paese, che peraltro hanno conservato al Corpo le sue peculiarità identitarie. Nato per essere Corpo tecnico con funzioni di Polizia e non Forza di Polizia con attribuzioni anche di natura tecnica, il C.F.S. ha sempre esercitato le funzioni di Polizia a livello strumentale in vista degli obbiettivi fondamentali rappresentati dalla tutela dell’ambiente in generale e dei boschi e foreste in particolare. Obbiettivi questi per il cui perseguimento il CFS è stato in primo luogo impegnato nell’opera di prevenzione compiuta attraverso la vigilanza sul territorio, non mancando, quando richiesto, di svolgere anche attività di consulenza a favore dei selvicoltori e non solo. Questo tipo di rapporto tra personale forestale e le popolazioni agricole e montane, negli anni ha creato fra di loro stima e rispetto reciproci, favoriti anche dalla natura del CFS, organo dello Stato ad ordinamento civile.Tale circostanza, in attuazione della prospettata riforma del C.F.S. verrebbe meno.
Una struttura istituzionale, se bene finalizzata e ordinata, deve essere in grado di cogliere i mutamenti socio-politici che hanno luogo nel Paese e proporre agli organi parlamentari e governativi risposte adeguate. Ed è compito degli stessi organi intervenire tempestivamente per potenziare e ristrutturare, se necessario, l’Istituzione senza peraltro creare mutamenti nel suo DNA, ossia nel rispetto assoluto della sua identità e della sua storia.
Che il Corpo Forestale dello Stato da anni avesse necessità di essere potenziato e quindi ristrutturato nelle sue articolazioni organizzative, anche in dipendenza delle nuove esigenze della collettività nazionale, è cosa nota. Ma la stessa esigenza si porrebbe una volta compiuto il suo accorpamento all’Arma dei Carabinieri, se è vero, com’è vero, che compiti specifici richiedono competenze specifiche e devono essere affidati a chi ne è dotato e non può essere sostituito da personale dedito ordinariamente a compiti diversi. Anche la giustificazione economica dell’operazione “accorpamento” mostra così di non avere consistenza alcuna. Si afferma che i forestali continueranno comunque a fare il loro dovere accettando, una volta compiuta la prevista riforma, la nuova situazione chiunque essa sia. E questo in buona parte potrà essere vero, ma non è questo il problema. Il problema che si pone è invece quello di capire se la nuova situazione in cui dovesse venire a trovarsi il personale forestale, risulterebbe più o meno funzionale rispetto alle attese del Paese. Le argomentazioni appena esposte portano decisamente ad esprimersi in senso negativo.
Firenze, 7 Marzo 2016 Renzo Pivi
(Socio Anfor)